Loop.
La superficie infinita

La Design Week milanese si è aperta all’insegna della genialità e della sostenibilità umana, attraverso un percorso segnato dallo spirito di cultura del progetto, interpretazione della materia e rispetto della natura.

 

Un talento naturale che dialoga in profondità attraverso le superfici in legno. Un progetto culturale, quello di Natural Genius, nato oltre un decennio fa nel tempio dell’architettura mondiale, generosamente avvolto nelle spire della Rotunda del S. Guggenheim Museum di New York. Consolidatosi nel tempo rappresenta oggi l’anima inquieta di un materiale vivo come il legno nella contemporaneità.

 

Il termine anglosassone “design” ha origine ben più antiche che risalgono al latino “signum” che corrisponde al nostro “segno”, una traccia che definisce non solo confini spaziali.

 

Mentre il verbo “to design” – ( secondo Vilém Flusser Filosofo del design) – ha una vena di arguzia e cela delle sottili ambiguità:  “architettare”, “simulare”, “ideare”, “abbozzare”, “organizzare”, “agire” in modo strategico.

 

LOOP è un’ingegnosa opera di costruzione – un esercizio per l’occhio che può cedere ad un simpatico inganno – apre ad una nuova interpretazione della superficie d’arredo in legno, non geometricamente orientata, anzi piuttosto disorientante e per questo curiosamente stimolante. Lo sguardo tende all’infinito, oltre quella siepe di leopardiana memoria, che la natura ha posto come confine fisico.

 

“I sistemi non sono mai perfetti. Anche i sistemi più levigati e compatti sono solcati da una rete di profonde fessure provocate dalle loro interne contraddizioni. Per cui è sempre possibile, percorrendo la rete, trovare margini dove inserire eventi innovatori”. L’autore, Sebastiano Canzano, cita l’architetto Giancarlo de Carlo in un contesto in cui l’originalità è ormai ricercata nell’iperdecorativismo o nella composizione complessa di elementi conosciuti.

 

Il progetto-parquet Loop nasce da una profonda riflessione sul concetto di limite nei prodotti di design per andare oltre la forma che li racchiude, nell’intento di far perdere al limite (e al limite della forma) la sua caratteristica di staticità e insormontabilità e renderlo così più dinamico.

 

La sfida era quella di riuscire ad ottenere un pattern unico e apparentemente casuale, ma allo stesso tempo caratterizzato da un’estetica uniforme, attraverso la ripetizione seriale di un unico elemento compositivo. Da qui, la scelta semantica del termine #loop, comunica una sensazione di moltiplicazione della bellezza per un parquet che vive sia nella sua tradizionale dimensione a pavimento, che per la sua strabiliante capacità di diventare rivestimento verticale (ma potrebbe sconfinare anche a soffitto), in cui l’elemento generatore è irriconoscibile e scompare all’interno del pattern generale.

 

“Partendo dall’assunto che senza limite non avremmo la forma e senza forma non ci sarebbe conoscenza. Il limite quindi, va innanzitutto accettato, conosciuto e riconosciuto”, ci ipnotizza Sebastiano nel corso dell’intervista che ripercorre il cammino circolare del suo pensiero. Un dialogo affettuoso, quello tra la materia lignea e il progettista, che risuona dei giochi dell’infanzia e di gesti antichi.

 

Nel design è fondamentale la percezione della forma, dei “bordi” che compongono un oggetto e ne racchiudono l’essenza; in geometria si tende a chiudere istintivamente le linee in forme semplici e memorizzate, come quadrati, rettangoli, triangoli, cerchi o forme libere. Così come una pavimentazione in legno conosce i suoi limiti attraverso le linee perimetrali che delimitano la plancia. E la plancia, nella memoria esperienziale di tutti noi, è per definizione rettangolare.

 

Accostando le plance l’una all’altra si ottengono delle rette di demarcazione, un’incisione viva che può essere enfatizzata dal colore. Ed è proprio questa “geometria del limite”, che paradossalmente ne consente il suo superamento.

 

Con Loop il limite, moltiplicandosi, diventa dinamico e la demarcazione tra conosciuto e sconosciuto più labile. Si entra in una nuova dimensione apparente in cui l’esperienza e la razionalità ci portano a cercare all’infinito (in loop appunto) chiusure di forme semplici. Il sorprendente risultato è la percezione di una superficie infinita e senza soluzione di continuità. Loop non è un gesto artistico, ma al contrario il risultato di un enorme lavoro di razionalità e sintesi.

 

Il pattern infinito si ottiene, infatti, attraverso la ripetizione di questo unico elemento tradotto in una lingua diversa e posizionato nello spazio puntando sempre in un’unica direzione; questo intervento è foriero di interessanti vantaggi sia dal punto di vista industriale e produttivo, che di potenziali declinazioni di posa.

 

Un prodotto innovativo e geniale che riconosce allo “sguardo” il ruolo di partecipe co-autore del prodotto. Quel primo sguardo che, secondo la disciplina della psicologia dell’abitare cara all’architetto, è sinonimo di accoglienza e costruttore d’identità sin dal momento del nostro venire al mondo.